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Diventa arbitro di Football Americano
 
E poi venne il giorno in cui o sei sbagliato tu o sono sbagliati tutti gli altri
Ci sono molti motivi perché amo il football e non pretendo che siano assoluti e condivisi da tutti.
È come quando ami qualcuno, non lo fai per come lo vedono gli altri altrimenti ameremmo tutti Angelina Jolie (o Brad Pitt nel caso…), ami qualcuno per quello che ti appare, per le sensazioni che ti trasmette e per i sogni che ti ispira.
Nel football ho scoperto cose che piacciono a me e chi le condivideva con me è diventato mio amico.

Anni fa, dopo due stagioni in serie B dove si vinceva a mani basse, ma non c’erano soldi per salire in serie A, decisi di smettere.
Lo sport che avevo amato fino ad allora era diventato troppo scontato e facile, non ero diventato troppo forte io, era il livello che si era abbassato a tal punto che vincevi sia sei ti allenavi che no, che potevi non impegnarti ed era lo stesso.
Pertanto dopo la seconda finale vinta, piuttosto che odiarlo decisi di separarmene.

Molti anni dopo fui di nuovo rapito da quel fulmine che è tipico delle grandi passioni, quelle che non muoiono mai e che sei sicuro che siamo parte di te e che la tua vita sia lì e solo lì.
Che si chiamassero ancora Panthers e che come per magia mi portarono ad un vero Superbowl, fa parte della mia personale leggenda, ma se anche si fossero chiamati I PAPERINI di Dakar la faccenda era tra me e questo favoloso sport e tra quello che è e quello che ci voglio vedere.

Io nel football ci voglio vedere il fatto che una partita è come una partita a scacchi in cui l’allenatore decide tattica e strategia e comanda le mosse ai giocatori che sono come il RE e la REGINA, l’ALFIERE, il CAVALLO, la TORRE ed il PEDONE.
Il RE è il leader, colui che muore alla fine, l’ultimo ad affondare sulla nave ed è per questo che si chiama capitano.
La Regina è il più forte di tutti, ma che non necessariamente è il capo supremo.
Torri, alfieri e cavalli sanno fare solo una cosa, ma quando sono chiamati a farla si mangiano qualcuno e poi i Pedoni quelli davanti che prendono l’ondata avversaria e che difendono il fortino.
Tutti ugualmente importanti, tutti diversi, ma tutti dello stesso colore, perché si vince e si perde insieme.
Le mosse…
I giocatori devono essere coordinati, quasi sincronizzati e questo avviene solo se sei una squadra, se ti alleni duro e ripeti e ripeti e ripeti l’esercizio.
E tutto funziona solo se lo fai alla massima velocità che puoi e i tuoi compagni idem.

In tutto questo casino ci metti che ti fai pure male, che è una battaglia, che ogni azione rischi barella ed ambulanza e l’adrenalina fa parte di te e tu fai parte di lei e non è un modo di dire.
Per circa 150 azioni a partita, un atleta ne gioca circa la metà e se va bene è chiamato ad essere protagonista solo in una ventina di queste.
Ebbene in quelle 20 volte che tocca a te, devi essere capace di lasciarti dietro tutto, devi pensare solo a quello che devi fare e lo devi fare di corsa, al massimo che puoi e poi ti schianti da qualche parte.
Per questo ci sono le pause da un gioco ad un altro… servono per renderti conto se sei ancora intero per l’azione che verrà e via ancora sulla giostra a vedere se ce n’hai ancora per un altro giro oppure no.

Il mio amico Michele Scatola, quello con un 78 tatuato dentro alla cassa toracica, quando ha deciso di smettere è stata dura, io lo so che è stata dura…
Adesso è soltanto uno a cui, come al sottoscritto, è rimasto il poter dire delle cose e nulla più, ma per quanto non abbia giocato in qualche selezione nazionale è uno dei più forti compagni che abbia mai avuto.
BigMike è uno che l’unica volta che è stato costretto a terminare una partita anzitempo, lo ha fatto in barella con una tibia aperta in due per il lungo… e se fosse stato per lui rimaneva dentro…
Ha sempre giocato rotto da qualche parte, ma non con un dito rotto, ha giocato con vertebre, ginocchia o spalle rotte e piuttosto di uscire piangeva e pregava che finisse presto, ma è sempre rimasto lì finchè si doveva combattere.
E come lui Gede66, Gino22, Lanzo5, Sighi40, Cola98 e Zatti26.
E Renato10?
Lui era il RE, si ruppe un osso del piede, gesso per 40 giorni, ma dopo 25 era in campo, era un incosciente? Forse, oggi però è professore di medicina ed al tempo era solo chirurgo, decidete voi…
Suo fratello Dario si staccò un tendine di un dito e si fece fasciare per un mese il dito chiuso dentro il palmo della mano per giocare con tre dita libere.
Giocava ricevitore e di lavoro faceva l’architetto.
Un altro vecchio compagno aveva un taglio di 10 cm su un fianco ed una garza di 2 metri infilata tra pelle ed addominali per assorbire un ematoma.
Ricordo perfettamente il ciuffo di cotone che usciva dalla sua pancia aperta, ma non il suo nome, si fece dare un paracosce e se lo nastrò intorno al corpo, giocò la finale e segnò il TD della vittoria.
Giocare con gente così mi faceva sentire protetto, non so come spiegarlo, mi sentivo parte di qualcosa, non ero solo ed era una bella sensazione…

Voi mi direte che non ne vale la pena rischiare, che uno sport è solo un gioco e che la vita deve essere fatta di giudizio e di precauzioni.
Io a Rocco e Riccardo dirò le stesse cose, tranquilli…, ma fino a che non vedrò in loro gli occhi di BigMike, quel giorno gli dirò che se una cosa è importante allora che la va o la spacchi perché è meglio bruciare in un secondo che spegnersi come una candela.
E non ne facciamo una questione di epica esistenziale, è solo uno sport, ma se non vuoi giocarlo così allora è meglio che cambi, perché questo per me è il football americano.

E poi un sabato pomeriggio arrivi a Milano, al Vigorelli e ti accorgi in un attimo che intorno a te tutti gli altri stanno giocando ad uno strano passatempo indossando caschi e paraspalle…
Quelli neri che però sono vestiti di bianco perdono 44 a 3…

Mi hanno detto che lo giocano solo in America e si chiama LACROSSE, meno male…

 

by Ugo Bonvicini

 

 
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