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Marina e Ulay, due vite ed una coppa argentata
Marina e Ulay vissero insieme tanti anni, poi un giorno forse perché il loro sentimento si era spento o forse perché gli artisti sono matti davvero, decisero di andare in Cina.
Marina andò a Nord dove inizia la Grande Muraglia ed Ulay andò a Sud dove finisce.
Marina iniziò a piedi a percorrerla direzione Ulay tenendo il muro sulla sua sinistra Lui da sud risalì dalla parte opposta.
Camminarono per 2500 km a testa ed arrivati a metà, dopo 9 mesi di marcia, si incontrarono in un passaggio tra il muro, si abbracciarono e si salutarono per sempre.
Non si videro mai più.
31 anni dopo, al Moma di NewYork, Marina stava seduta ad un tavolo in silenzio a disposizione di chiunque volesse guardarla negli occhi per un minuto senza parlare.
Ulay fece la fila insieme ad altri curiosi e visitatori del museo e quando venne il suo turno si sedette a quel tavolo.
Lei pianse, lui sorrise.
31 anni sono una vita
Io 31 anni fa il 5 di luglio da Pavia venivo ad abitare a Parma.
Avevo 15 anni e per quanto le distanze della Pianura Padana siano minime rispetto a quelle intorno al Fiume Giallo lasciavo per sempre: i miei amici, la fidanzatina, la scuola e la pallavolo.
Parma era più sicuramente migliore, ma a 15 anni te ne freghi del buon vivere e preferisci rimanere nel branco, nella cumpa, con la Vespa truccata e le feste con i lenti del Tempo delle Mele e DiscoSamba

A Parma iniziai una nuova vita, altra scuola, altri amici, altre ragazze e football americano al posto del volley.
Avrei potuto cambiare pure nome e nessuno se ne sarebbe accorto.
Ma volevo tenermi qualcosa di mio ed ho continuato a chiamarmi Ugo, che vi assicuro è una prova di forza niente male.
Ho vissuto due vite.

Sabato sera erano davvero 31 anni esatti aver abbandonato Marina, ero a Milano al Vigorelli e mi è venuto in mente per un attimo la mia storia e quella di Ulay, ma stava iniziando la rivincita dell’anno scorso e dovevo pensare ad altro.
Erano di nuovo i Seamen e questa volta non ci sono scuse, loro sono stati più forti e noi meno.
Loro più precisi e noi più fallosi, loro più decisi e noi no.
Peccato…
Per mesi avevo sognato che alle difficoltà di essere diventati come brutti anatroccoli, avrebbe risposto una fatina che con la bacchetta magica avrebbe trasformato il sabbione (campo parcheggio dove ci alleniamo) in sintetico, avrebbe fatto di una zucca uno stadio e da un topolino di campagna avrebbe fatto saltar fuori un cavaliere invincibile che ci avrebbe condotti alla vittoria ed aiutato a scucire le toppe che coprivano lo scudetto dell’anno precedente.
Ma i sogno son desideri chiusi in fondo al cuor e via via che sognavo le cose succedevano davvero e mi faceva un po’ paura, vuoi che davvero sto vivendo una favola?
Sintetico, stadio e cavaliere erano arrivati in effetti
Tutto come nel sogno, come nella favola, solo che la fata si era dimenticata di avvisarci che esattamente al tramonto del 5 luglio, puff… il sogno svaniva e la finale ce la dovevamo giocare da soli.
E come l’anno scorso siamo tornati a casa con la coppa del colore sbagliato.

Per 31 anni mi sono chiesto come sarebbe stata la mia vita se non fossi venuto ad abitare a Parma e dopo sabato sera credo di aver trovato la risposta.
Sarebbe stata una vita diversa, avrei giocato a Pallavolo, avrei avuto altri amici, sicuramente una bellissima fidanzata, mi sarei laureato, fatto carriera e sarei diventato ricco e famoso.
Probabilmente Rocco e Riccardo parlerebbero Lumbard e saremmo diventati dei grandi pescatori in Ticino, ma non sarei stato più felice di sabato sera un minuto prima del tramonto, perché se ho imparato a sognare lo devo ad una palla ovale e se anche questa volta non è andata a finire come la favola di Cenerentola, sono comunque grato al fato di avermi fatto vivere questa fantastica avventura.

Come ha detto Coach-P e per quanto Marina fosse davvero bellissima, non c’è posto al mondo dove vorrei essere se non in mezzo ai Panthers a Parma con la coppa argentata che gentilmente un gruppo di marinai ci ha regalato per la seconda volta dietro fila.

Per restituirgliela, magari dovrò aspettare altri 31 anni, magari meno…

Buone vacanze a tutti
 

by Ugo Bonvicini

 

 
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